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Nel corso del Novecento l'Italia è andata alla ricerca di un centro di gravità identitario, capace di superare la difficoltà in cui la sua cultura si è trovata rispetto a una modernità avvertita in forma schizofrenica insieme come forza disgregatrice e come componente indispensabile alla propria autodefinizione. Il richiamo a un'eredità impareggiata quanto malferma e contraddittoria ha trovato un punto di saturazione nella nozione di genius loci, che ha finito per rappresentare una sorta di soluzione immaginaria alla questione dell'identità dell'arte prodotta in Italia. Il libro ricostruisce una genealogia del genius loci attraverso alcuni momenti della vicenda italiana, dalla fondazione postunitaria di una storia dell'arte nazionale al fascismo, dagli anni Ottanta all'attualità, puntando a fornire una ricostruzione della sua fortuna e una sua nuova lettura critica. Una genealogia non lineare di discorsi, memorie, immaginazioni che hanno avuto e continuano ad avere come posta in gioco l'autoriconoscimento in senso culturale quanto inevitabilmente politico dell'Italia contemporanea.